Spazio alle PMI in questo smart smart smart working 

La ricerca del Laboratorio sullo Smart working del Politecnico di Milano evidenzia che la diffusione dello smart working nelle PMI è ancora in una fase iniziale.

Sempre più aziende sono interessate, soprattutto attratte dal miglioramento del benessere organizzativo (50% degli interessati) e del miglioramento dei processi aziendali (26%), ma il 50% ritiene ancora che lo smart working non sia adatto alla propria realtà e segnala una forte sfiducia da parte dei capi rispetto a questo strumento.

In effetti, lo smart working pone un tema di gestione del controllo dei lavoratori a cui spesso si forniscono risposte di tipo “meccaincistico” che tendono a mappare e irrigidire i processi, il che - comprensibilmente - piace poco a molti imprenditori che hanno fatto del genio creativo il proprio punto di forza.

In realtà, lo smart working può essere introdotto in modo da avere l’effetto opposto e responsabilizzare le persone intorno al risultato, rendendo i processi al tempo stesso più efficaci e più flessibili.

A volte, per pensare “outside the box” (fuori dagli schemi consolidati), essere “outside the office” può essere utile!

Lo smart working ha effetti positivi anche sui tassi di assenza, che, stando ai dati di Assolombarda 2019 sono in aumento anche nelle PMI dell’operoso nord. Si resta sempre su percentuali molto contenute, al massimo il 5,2%, ma si registra una crescita del 5% nelle imprese fino a 25 dipendenti e del 18% nelle aziende fra i 26 e i 100 dipendenti, segno che anche i piccoli imprenditori devono pensare a come motivare i propri dipendenti. E, se pensiamo che oltre 1/3 dei lavoratori italiani ha un ruolo attivo di cura verso i propri familiari, allora lo smart working potrebbe essere una soluzione davvero interessante.

Chiara Pollina